A sua immagine: l’antiteismo individuale e l’Uaar
Lo spazio dedicato alla religione dai mezzi di informazione non è poi granché. Papolatria a parte, ovviamente: ma, per l’appunto, si celebra l’uomo che sale sull’aereo con la propria borsa, mentre nel contempo si occultano le reiterate esternazioni di quello stesso uomo sull’esistenza del demonio e la sua incessante attività in favore del male. Si parla poco di religione, si parla ancora meno di laicità e non si parla per nulla di incredulità. Soprattutto, non si parla della forma organizzata che può assumere l’impegno per la laicità e per i diritti dei non credenti: non sia mai che qualcuno intraveda un’alternativa dialettica alla Chiesa cattolica. Le poche volte che si parla di un’associazione come l’Uaar, è quasi sempre per criticarne i presunti “eccessi”.
Circostanza un po’ comica. Perché invece non passa giorno senza ricevere qualche critica per l’eccessiva moderazione. C’è infatti chi vorrebbe un’associazione esclusivamente impegnata nella denuncia delle malefatte della Chiesa, dagli abusi sessuali da parte di quelli che definisce “inculabambini” alla circonvenzione di quegli incapaci di intendere e di volere che sarebbero i credenti. Un’associazione che ricorra a slogan quali “cloro al clero”, che diffonda pensieri quali “l’unica chiesa che illumina è quella che brucia”. Sono gli stessi che vedono con orrore, come una forma di tradimento, ogni possibilità di “dialogo” con le comunità religiose. Talvolta sembra quasi che questi commenti siano la maggioranza. Poi l’Uaar va a congresso e queste posizioni non emergono praticamente mai.
Sembra proprio che le contestazioni provengano da cani sciolti, individui nemmeno iscritti all’associazione, che del resto ha esplicitamente ben altro statuto e ben altri obbiettivi. Quando lo facciamo notare, ci viene talvolta rinfacciato che è proprio per questo motivo che l’associazione ha circa quattromila soci, contro i dieci milioni circa di cittadini che non appartengono ad alcuna religione. Ma si tratta di una tesi insostenibile: fosse vera, esisterebbe in Italia un’associazione esplicitamente antireligiosa con (quantomeno) decine di migliaia di iscritti. Non c’è, e non c’è nemmeno con qualche centinaia di soci. Le ragioni devono quindi essere altre, e la gran parte di quei dieci milioni di non credenti non sembra per nulla aver voglia di sprecare tempo sputando contro la religione.
Uno studio USA viene ora a corroborare questa ipotesi. Ne abbiamo già scritto: è uno studio dell’università del Tennessee che ha diviso i non credenti in sei categorie-tipo: gli “atei e agnostici intellettuali”, gli “atei e agnostici ritualisti”, gli “attivisti”, gli “agnostici in ricerca”, i “non teisti” e gli “anti-teisti”. Questi ultimi sono descritti come coloro che si “oppongono diametralmente all’ideologia religiosa”, che vedono come la principale fonte di ignoranza. Sono aggressivi, anche in conseguenza di un’uscita repentina e non proprio indolore dalla fede, e vogliono “educare” il credente. Rappresentano però una minoranza che non arriva al 15% del campione. Non solo, hanno ottenuto il massimo del punteggio per quanto riguarda atteggiamenti quali “narcisismo”, “rabbia” e, cosa che probabilmente li lascerebbe… increduli, in “dogmatismo”.
Sembra insomma l’ennesima conferma di un fenomeno molto noto in sociologia: benché la maggioranza della popolazione abbia opinioni ragionevoli, la visibilità di chi ha invece idee estremiste è incomparabilmente maggiore, sia perché le idee estremiste destano più attenzione, negli individui e sui mass media, sia perché gli estremisti sono assai più dedito a sostenerle pubblicamente. Il problema (loro) è che questo modo di fare li rende però anche assai meno capaci di aggregare. Una condizione che, nel mondo della non credenza, viene ulteriormente aggravata dall’individualismo, che in questo caso gioca contro. Quando poi è condito da narcisismo, livore e tendenza alla provocazione, la frittata è fatta: l’antireligioso sarà fiero delle proprie opinioni ed esprimerà in ogni dove e fragorosamente le proprie convinzioni antireligiose, ma non si troverà a suo agio con alcuna compagnia.
Di qui la critica alle realtà organizzate già esistenti. “Sarò dei vostri solo quando farete quello che sostengo io”: quante volte abbiamo dovuto leggere affermazioni del genere. Sembra di stare in presenza di soggetti che, dopo aver rifiutato un dio creato a immagine e somiglianza dell’uomo, desiderano ora e ardentemente un’associazione creata a propria immagine e somiglianza. Senza ragionare in alcun modo sul fatto che, paradossalmente, potrebbero essere proprio atteggiamenti antireligiosi come i suoi ad allontanare potenziali iscritti. Altrettanto paradossalmente, non è raro che siano proprio gli individui più antireligiosi a infuriarsi per l’efficacia della “strategia d’immagine del Vaticano”. Quella che ha sostituito a un papa che sorrideva poco e male un papa che sorride molto e bene senza cambiare di una virgola la dottrina – al massimo evitando per quanto possibile di affrontare argomenti che non riscuotono il consenso dell’opinione pubblica. Fossero razionalisti, qualche domanda dovrebbero pure porsela. L’immagine conta forse qualcosa? Gli atteggiamenti estremi sono forse controproducenti? Cercare di convincere qualcuno a cambiare idea rifiutando il dialogo e insultandolo pesantemente è forse una strategia poco opportuna? Probabilmente, però, razionalizzano a modo loro anche questo, ritenendo che la colpa sia del popolo bue, che non capisce come siano preferibili atteggiamenti estremi. Non aspirano soltanto a un’associazione a propria immagine e somiglianza:, pretendono anche un pianeta a propria immagine e somiglianza.
Il 2 e il 3 novembre si svolgerà a Roma il congresso Uaar. Ci si confronterà democraticamente e si faranno le scelte ritenute migliori per agire proficuamente nei successivi tre anni. Sarà anche l’occasione, per chi vorrebbe un’associazione risolutamente antireligiosa, di cambiare finalmente la sua linea. Se non ne fa parte e non ne vuole fare parte, può sempre fondarne un’altra. Oppure può continuare a trastullarsi con il proprio antiteismo solipsista. Non c’è problema: abbiamo sempre sostenuto che il mondo dell’incredulità è assai più plurale di quello delle fede…
Il comitato di coordinamento Uaar